Di seguito il testo critico di Daniele Torcellini:
L’epica del calcio. Orodè Deoro affronta un tema nuovo nella sua ultima produzione di lavori, quattro opere dedicate al Milan e pensate per essere ospitate nella galleria d’arte di Casa Milan, il quartier generale di una della squadre calcistiche più famose al mondo. E il calcio per Orodè si cristallizza in una serie di icone tanto simboliche quanto intensamente espressive. Il suo autoritratto con un pallone tra le mani; un ipnotico mandala di trofei, perché sì – certo – è importante partecipare, ma il brivido della vittoria non è poi così secondario; il volo di un portiere che si allunga per proteggere la sua porta; la sforbiciata di un attaccante, l’atto – poetico, come lo definisce l’artista – con cui sferrare il colpo decisivo alla porta avversaria. A legare le opere tra di loro non sono solo i colori, già cari ad Orodè, rosso e nero – colori con cui tradizionalmente si identifica la squadra dall’anno della sua fondazione, il 1899 – ma, in modo particolare, la rete, sfondo così pregnante da assumere il valore di figura e una carica di riferimenti simbolici alla rete di relazioni che lega inesorabilmente tutti noi. Ed è proprio la rete ad incarnarsi in quella che è una delle più evidenti cifre stilistiche di Orodè, il fluire sinuoso e continuo delle linee di contorno, spazi lasciati vuoti tra un ritaglio di piastrelle ceramiche e l’altro. Sì, perché la tecnica di Orodè ha a che fare con il mosaico, con una sua particolare declinazione che è quella del cosiddetto trencadís, la cui origine risale all’architettura modernista catalana di Antoni Gaudì. Parc Güell, Casa Batllò e la Sagrada Família ne sono esempi illustri di utilizzo. Colore vivido e à plat e stilizzazione dei profili, le più evidenti note caratteristiche. Una tecnica che Orodè ha appreso da autodidatta e che nutre profondamente del suo approccio al disegno e alla pittura, fatto di larghi gesti con cui scandire la superficie in cerca della figura umana, sempre al centro delle sue opere, sempre sull’orlo della disgregazione. Una tecnica che di recente lo ha visto impegnato con una grande opera, Paradiso Terrestre, sulle pareti esterne della casa studio milanese dell’architetto Fabio Novembre, come su una preziosa vasca da bagno firmata dai designer di Victoria+Albert, e che a tutt’oggi rappresenta un suo originale contributo ad una figurazione espressionista e trasognata, di un sensualismo erotico e a tratti perverso, immerso nello spessore denso di una fumosa sala da jazz.